lunedì 11 giugno 2007

recensione di "Città di Solitudine" a cura dei collaboratori di DANAE Libri

SCHEDA DI VALUTAZIONE

inviata dalla dott.ssa PIERA ROSSOTTI
Selezione del Catalogo di DANAE
Responsabile della Lettura Incrociata

Il Rifugio degli Esordienti

Titolo: Città di solitudine
Autore:
Homo interrogans;
Sandrolorena; Chatto ergo sum

Genere: Antologia di prosa e poesia
pp.260

(SCHEDA PER L’EDITORE)

Inquadramento dell’opera
Città di Solitudine è un libro di 26 racconti, scritto a tre mani, che si richiama, per luoghi personaggi ed atmosfere, ad “Antologia si Spoon River”, ma con una originale scelta di alternanza tra prosa e poesia che impreziosisce i vari racconti e, grazie al carattere spesso proemiale delle poesie, genera nel lettore uno stato di attesa e curiosità che accentua il piacere della lettura.
I racconti, che hanno la particolarità di concludersi tutti con la morte del protagonista o di un personaggio vicino ad esso, affrontano temi come la morte, la drammaticità del caso, e sondano gli aspetti più cupi e imprevedibili della psiche e dell’animo umano. In rapporto a tali elementi essi si svolgono tutti in un’ atmosfera lugubre e spettrale (una perenne nebbia di morte, un burrone che ha mietuto tante vittime, la costante presenza di un cimitero che sovrasta la collina come un perenne monito alla vita e alla sua caducità), dove, in altrettanto piena sintonia, si inseriscono vicende e personaggi segnati spesso da una follia e bizzarria, di richiami a volte pirandelliani, che lascia il lettore a bocca aperta; un mondo dominato da agghiaccianti scherzi della sorte, da omicidi e suicidi; un mondo in cui ci si può trovare a parlare con uno spettro dalle complete sembianze umane, dove l’uomo si abbassa senza proteste a far le veci di un cane, dove la fame spinge al cannibalismo; dove in definitiva ogni più impensabile follia e stranezza, pur lasciando il lettore sbalordito, sa trovare una sua piena giustificazione, e ciò grazie anche alla particolare struttura dell’opera, caratterizzata da una cornice e da una singolare e ambientazione, che la rende più di un semplice libro di racconti.
La cornice è costituita dal primo e dall’ultimo racconto, che vedono come protagonisti rispettivamente il custode del cimitero e suo nipote. Il custode, che assume maggiore risalto, si presenta come il narratore delle successive 24 bizzarre e folli storie; mentre suo nipote, che prende il suo posto e chiude il testo, appare come elemento di continuazione di quel dolore, di quella follia e di quella misteriosa conoscenza dei segreti della gente che ha guidato suo zio nella narrazione.
La singolare ambientazione dei racconti, invece, è costituita da Fine viaggio e Cimitero di Solitudine: luoghi lugubri, misteriosi, con un tragico passato; luoghi quasi fuori dal mondo, e specchio o sorgente di quella follia e dolore che anima i loro abitanti. La lettura infatti mostra una forte relazione tra il cupo ambiente di vita e l’oscura e spesso deviata psiche degli abitanti del luogo, e ciò costituisce non solo un elemento di collegamento tra i diversi racconti, ma anche un motivo di curiosità ed interesse nel lettore.
La cornice e la comune ambientazione contribuiscono, in definitiva, a stringere dei forti legami tra i vari racconti, facendo sì che il lettore non salti tra storie tutte diverse e slegate tra loro, come nei comuni libri di racconti, ma venga introdotto in un vero e proprio microcosmo, che presenta sì segni di modernità, ma vaghi e limitati, perché non sono in grado vincere la nebbia, il dolore e la follia che imperano. In questo microcosmo, in questo strano mondo nel mondo, paiono dominare leggi fisiche e psicologiche particolari: la morte, la solitudine, il dolore, gli scherzi della sorte e quanto di più impensabile possa accadere sono parte integrante di quelle leggi, e l’unica reazione possibile e quasi naturale ad esse, perciò giustificata, sembra proprio quella follia che lascia il lettore senza parole.

Sinossi
Nel 919 d.C. un gruppo di liberi homines, che non accetta il dominio temporale del nuovo Stato Pontificio, trafuga dalla chiesa vescovile di Novaria il primo manoscritto dell’Editto di Costantinopoli e inizia un esodo che si conclude con la fondazione di un paese, chiamato Fine Viaggio, in cui tutti sperano di vivere in pace, sicuri che, tenendo in ostaggio quel documento, nessuno avrebbe fatto loro del male. Sulla collina sopra il paese costruiscono, invece, non una fortezza, ma un cimitero, chiamato da loro Cimitero di Solitudine. Dopo circa un anno di pace gli abitanti di Fine Viaggio vengono scomunicati, e le truppe papali entrano nel paese e torturano, bruciano sui roghi e li seppelliscono vivi nel loro cimitero.
Secoli dopo, nei tempi moderni, Fine Viaggio, con la perenne nebbia che l’ avvolge ( formata secondo la leggenda dai resti degli antichi fondatori massacrati ) e Cimitero di Solitudine sono i luoghi in cui si consumano le drammatiche storie narrate, che vedono come protagonisti i discendenti di quegli sventurati pellegrini.
L’opera si apre con un’ atmosfera lugubre e notturna: il misterioso custode del cimitero nell’ ultima notte della sua agonia si adagia accanto alla lapide del prete del paese, suo padre, e inizia a raccontare le tragiche e poco note vicende degli abitanti di Fine Viaggio. Da qui si dipartono i vari racconti in cui si alternano assassini, suicidi, follie, fantasmi, segreti inconfessati e tremendi scherzi della sorte, finché al termine, il custode, con un tremendo carico di dolore alle spalle, decide di prendere il suo vero posto nel cimitero, come a riprendere o a riaprire un ciclo di dolore e follia mai conclusosi.

Stile
La narrazione ha un buon ritmo, a cui contribuiscono sia gli sconcertati eventi descritti e i continui colpi di scena, che lasciano il lettore a bocca aperta, sia l’ ottimo stile, che, nel sapiente e ricercato uso lessicale e sintattico (mai però difficile o noioso ), si accorda perfettamente con l’ andamento narrativo e con le cupe atmosfere in cui gli eventi si svolgono.
Gli autori sanno alternare bene parti descrittive a quelle di introspezione psicologica, accompagnando il lettore nella psiche dei personaggi (spesso prima degli eventi che mostreranno la loro insania), ma senza svelargliela del tutto, creando così uno stato di attesa e curiosità che accentua la sorpresa, l’interesse per la lettura e il suo piacere.
L’impostazione è drammatica e lascia il lettore in un costante stato di tensione, soprattutto dopo che la lettura dei primi racconti gli ha svelato di trovarsi dinanzi ad un mondo diverso da quello comune, dove morte e follia sono quasi normalità. Alle vicende più crude si alternano inoltre momenti di amara ironia ed altri che spingono alla riflessione sull’esistenza, donando varie sfaccettature al testo ed arricchendolo.

Potenzialità
Città di Solitudine è un testo che – nonostante qualche punto su cui intervenire con operazioni di editing – risulta sin da subito efficace, intenso, in grado di offrire una lettura godibile ed emozionante. Per via delle sue tematiche (poco discusse, ma strettamente legate alla natura e all’ esistenza umana) e della crudezza e drammaticità delle storie narrate si rivolge ad un pubblico maturo, sia colto che meno, per lo più appassionato ai generi horror, thriller, psicologico o ad una letteratura alternativa che mostri gli aspetti più oscuri dell’ esistenza, ne offra inconsueti spunti di riflessione, e non annoi.



(scheda per l’autore)


Autore:
Homo interrogans;
Sandrolorena; Chatto ergo sum

Titolo: Città di solitudine
Genere: Antologia di prosa e poesia
pp.260


Inquadramento dell’opera
La storia della letteratura è disseminata di poesie, racconti e romanzi che trattano il tema della morte; Città di solitudine si pone nel solco di questa tradizione letteraria prendendo a modello l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Sulla scia del celebre poeta americano gli autori si propongono di descrivere la vita umana raccontando le vicende degli abitanti di un piccolo paese di provincia: ogni episodio racconta infatti la vita di una delle persone sepolte nel cimitero di paese.
La storia è narrata dal custode del cimitero (gravemente malato) che “senza sapere né leggere né scrivere”, come dichiara più volte egli stesso, decide di trascorrere la sua ultima notte raccontando le vite degli abitanti “di fine viaggio”. La prima poesia intitolata Il Custode ci porta in un vero e proprio cimitero, situato sulla cima di una collina in un piccolo paese. In ognuna delle poesie e degli episodi i morti che popolano il cimitero parlano di sé e ci raccontano attraverso i propri ricordi la loro vita, i loro rimpianti e le loro sofferenze dipingendo la vita quotidiana di un intero paese.

Contenuto
La narrazione è perfettamente inserita in una realtà ben precisa, quella di un cimitero di un piccolo paese di provincia. Le descrizioni dei posti, i riferimenti artistici e le descrizioni dei personaggi riescono a essere sufficientemente amalgamati con le vicende, denotando una grande capacità persuasoria e creativa degli autori. L’ambientazione è pertanto funzionale al tipo di storia raccontata ed è descritta in maniera dettagliata e accurata (si vedano ad es. le descrizioni a pp. 10-11 o ancora a pp. 27-28 ecc.).
La descrizione di alcuni avvenimenti è ricca di suspense generando nel lettore una grande curiosità nel procedere nella lettura senza mai appesantire né rallentare il ritmo (si veda ad es. Lo scrivano).
Gli spunti offerti dalla narrazione sono numerosi e vengono sempre colti e ben approfonditi dando vita ad un tessuto narrativo complesso e ricco di problematiche. Si troveranno quindi diversi episodi, dalla violenza sessuale sulle donne, agli orrori della guerra, a storie d’amore mai consumate; le scene hanno sempre un carattere fortemente reale in quanto descritte in modo approfondito.

Modalità di scrittura
La modalità di scrittura è ben strutturata con una solidità stilistica, rendendo la lettura estremamente scorrevole e piacevole, anche se talvolta si riscontra un arbitrario passaggio dei tempi verbali. Le descrizioni degli ambienti e dei personaggi sono estremamente precise nonostante la brevità delle frasi, sempre ben articolate e contraddistinte dall’uso di termini ricercati e mai sciatti; nei periodi più articolati le frasi rivelano una giusta disposizione. Vi sono, però, molte imprecisioni ortografico-grammaticali, lessicali nonché espressivo-stilistiche e numerosi errori di battitura. In alcuni punti del testo si riscontra, invece, una mancata demarcazione nel passaggio dal discorso diretto a quello indiretto, e questo costituisce un motivo di disorientamento. Spesso, infatti, non si capisce lo stacco tra le battute di dialogo dei personaggi e il ritorno al discorso indiretto (si veda ad es. p. 33; a p. 253 si riscontrano imprecisioni nell’uso del virgolettato e dei trattini per demarcare il discorso diretto).
Le descrizioni degli ambienti e dei personaggi sono ben approfondite e mai casuali così come le tematiche trattate. Nonostante nel testo si intreccino varie storie, gli episodi narrati sono giustamente collocati permettendo al lettore di seguire bene la vicenda e di appassionarsi ad ognuna di esse.
Il lirismo, a volte, lascia il posto a note più vibranti e possenti, ed è qui che lo stile si fa più impetuoso, incalzante, passando da una certa aggettivazione ad un’altra.
Il racconto procede in uno stile posato e limpido, a sprazzi vivacizzato da brani di intensa drammaticità, che inducono il lettore ad una forte partecipazione emotiva: si vedano le descrizioni delle vite di due giovani stuprate (Due amiche: la professoressa e La fornaia); le lettere d’amore dal fronte nello Scrivano (pp.51-57) e il racconto finale della breve storia d’amore del custode e di Angelica (pp.254-258).

Personaggi
I personaggi sono ben delineati e sufficientemente caratterizzati: si tratta di una galleria variegata di tipi che coprono molte categorie e mestieri umani. Nel testo troviamo la prostituta, la professoressa, l’edicolante, il libraio, la fornaia, la bambina, lo scrivano, il cieco accompagnato dal suo fedelissimo cane, il violinista… insomma il paese intero. Alcune descrizioni sono estremamente dettagliate: si veda ad esempio la descrizione a p. 5 del custode: “Le rughe segnano territori confusi nella geografie del viso […] Ondeggia sulla gamba destra, un po’ più corta dell’altra dopo l’intervento chirurgico”.
Attraverso le poesie e il racconto in prosa gli autori riassumono le vite intere dei personaggi che svelano i legami d’amore e di odio che avevano nella loro vita.

Stile
Per quanto riguarda lo stile dell’opera sia la poesia che la prosa sono scorrevoli e lineari, prive di ridondanze baroccheggianti che rischierebbero di rendere pesante la lettura.
Il ritmo narrativo non è mai piatto e gli scrittori creano immagini dalla grande forza visiva, dando vita a metafore e similitudini originali e ben strutturate (si vedano ad es. p. 40 “Il vento corre alle scarpe dell’uomo, si arrampica su, fino alle caviglie, e lì giunto si adagia per lambirle di brividi”; p. 255 “Angelica annuisce, in un soffio di odori che sussurrano alla mia sessualità assopita su piaceri di solitudine lunghi mesi. Pieni di lacrime”; p. 30 “L’uomo cieco sorride senza colori”; p. 38 “Gli ultimi raggi di un sole trionfante sulla collina del cimitero, quaggiù a valle cominciano a morire nella lotta impari con la nebbia”). Nonostante la capacità di mantenere omogenea la trattazione dei contenuti, tuttavia qualche periodo necessita di una leggera revisione per quanto riguarda certe ripetizioni lessicali e una certa costruzione del periodo poco efficace ( si veda ad es. il periodo a p. 56: “Penso dunque che la comunicazione che annunciava la morte un po’ di Arturo Medesimi, riconosciuto solamente attraverso la piastrina, come si seppe in seguito, poiché dilaniato da una granata, non sia stata vera […] O lo zio Arturo è veramente morto divenuto il sedicente capitano Luigi Fiori ha. Ecco […] ).

Il lessico
Gli autori attingono ad un ampio e variegato bagaglio culturale, che gli permette di muoversi liberamente passando dalla prosa alla poesia con estrema facilità. Sul piano lessicale, l’uso di certi aggettivi e la loro combinazione è originale e ha un grande potere immaginifico, rendendo la lettura scorrevole e mai scontata e noiosa. La vicenda narrata risulta appassionata e la variegata galleria di personaggi seduce il lettore coinvolgendolo in un’avventura che diventa lo spunto per una riflessione stimolante sulla condizione umana.
Città di solitudine è un testo che – nonostante qualche lieve distrazione espressiva e qualche punto in cui intervenire con operazioni di editing – risulta fin dalle prime pagine intenso, efficace e in grado di offrire una lettura piacevole e godibile, permettendo di scandagliare l’animo umano. Per suddetti motivi e per il diffuso interesse che le tematiche ricoprono, il testo può contare su un pubblico maturo quanto più giovane, che può tanto penetrare a fondo i risvolti dell’uomo, della società in cui vive e delle vicende che si trova a vivere, così come godersi una lettura appassionata ed emozionante.
Per suddetti motivi il testo è proponibile alle case editrici.

Nessun commento: