venerdì 9 novembre 2007

La cronologia delle lesioni traumatiche - parte prima -

LA CRONOLOGIA DELLE LESIONI TRAUMATICHE

a cura del dott. Giovanni Sicuranza, medico legale

Indice del percorso:

1. Introduzione
2. Premessa.
3. Differenziazione tra lesioni vitali e post-mortali.
3.1. Le dimensioni del problema.
3.2. Uno sguardo al passato; la “reazione vitale sistemica”.
3.3. Il metodo istologico.
3.4. I metodi istochimico ed immunoistochimico.
3.5. Il metodo biochimico.
3.6. Cenni sull'utilizzo di altri markers nella determinazione cronologica delle lesioni.
4. La microscopia elettronica a scansione.
4.1. Elementi fondamentali di microscopia elettronica a scansione.
4.2. La microscopia elettronica a scansione ESEM.
4.3. La microscopia a scansione elettronica nella ricerca dei caratteri di vitalità delle lesioni.
5. Conclusioni.


1. Introduzione

La necessità di acquisire metodiche utili a determinare la cronologia delle lesioni traumatiche, differenziando essenzialmente, per le importanti conseguenze applicative ai fini giudiziari, quelle vitali da quelle postmortali, è un problema avvertito fin dagli inizi della medicina legale moderna.
I metodi istologici, istochimici ed immunoistochimichi, nonché l'utilizzo della microscopia a scansione elettronica, hanno aperto nuove e stimolanti prospettive di ricerca, contribuendo a restringere il margine di differenziazione cronologica delle lesioni presenti su cadavere.
Molto è stato scritto sull'argomento e molto c'è ancora da sperimentare, nella prospettiva di ulteriori criteri di differenziazione supportati dalle varie tecniche microscopiche; tuttavia l'indagine medico legale, per risultare facilmente e prontamente attuabile, richiede una tecnica che combini un'accettabile approssimazione cronologica delle varie lesioni con la semplicità e la praticità, anche in termini di vantaggio economico, del metodo utilizzato.
Comincia da questa puntata un sentiero serpiginoso tra le varie tecniche istopatologiche nella determinazione della cronologia delle lesioni traumatiche. Attraverso l'analisi di alcuni casi giudiziari, osservermo, per le pratiche necessità d'indagine, di una tecnica semplice, facilmente accessibile e ripetibile, rispetto a quei metodi che, pur restringendo i tempi di discriminazione tra lesioni intra vitam e post mortem, oltre a risultare economicamente costosi, richiedono una lunga ed accurata pratica ultraspecialistica, non sempre alla portata di un professionista.


2. Premessa.

In ambito medico-legale, la Lesività "comprende l'insieme dei fatti dannosi della integrità fisica e psichica della persona, prodotti da cause esterne o violente"1, mentre la Traumatologia si occupa degli "effetti lesivi causati nell'organismo dagli agenti di natura meccanica"1.
Da queste definizioni, applicate alle necessità delle indagini forensi, discende anche l'importanza di rilevare od escludere negli effetti lesivi di un'azione traumatica i segni di una reazione vitale, che include tutte quelle reazioni dei tessuti e degli organi per cui è indispensabile la vitalità delle cellule2.
Si può affermare che nessun medico legale compie adeguatamente il suo lavoro se si limita al conteggio delle lesioni, ma che di queste sarà necessario descrivere la natura, la posizione anatomo-topografica, la direzione e le dimensioni.
A volte indicare la causa della morte risulta meno rilevante ai fini giudiziari che procedere alla ricostruzione dei fatti, attuabile anche da uno studio accurato delle ferite e della loro datazione; ad esempio, un individuo può essere coinvolto in un sinistro stradale per cause accidentali e subito dopo arrotato da un'autovettura, riportando una serie di lesioni traumatiche; la datazione cronologica di queste ultime contribuirà, in ambito penale, ad avvalorare o meno l'ipotesi di reato di omicidio colposo nei confronti del conducente d'auto, mentre, in quello civile, in caso di contenzioso con le assicurazioni private, ugualmente si potrà dimostrare se il soggetto era deceduto immediatamente prima o in seguito all'arrotamento; ancora, un individuo potrebbe essere lasciato su un binario ferroviario in fase agonica o subito dopo il decesso avvenuto per lesioni traumatiche, allo scopo di simulare un suicidio o un incidente.
Si comprende dunque come spesso determinare la cronologia delle lesioni traumatiche risulta certamente indispensabile, ma anche difficile, specialmente quando l’azione violenta precede di poco il decesso della persona sulla quale è esercitata.
Infatti, come è noto, non esiste un limite definitivo e demarcato tra la vita e la morte, ma questa è un fatto dinamico, evolutivo, raggiungibile, in termini di classificazione delle lesività, attraverso una serie di stati progressivi: intra vitam, in limine vitae e post mortem.
Inoltre, si deve tenere presente che la morte causata da lesioni traumatiche può essere immediata (es: sfacelo del corpo, embolia dell'arteria polmonare), rapida (es. anemia acuta da dissanguamento) o ritardata (es. per infezioni sopravvenute); a seconda delle circostanze specifiche, si può passare attraverso una fase "agonica", in cui le attività dell'organismo funzionano ancora, sia pur in modo rallentato, per cui si trovano reazioni vitali poco pronunciate, fino alla morte, in cui comunque possono essere ancora presenti reazioni vitali locali. Dunque il riscontro di lesioni riconducibili ad una azione traumatica permette di eseguire una ricerca sulla presenza o assenza di caratteri di vitalità, e sull'intensità di questi, ricerca basata sul fatto che nel momento del traumatismo stesso su di un tessuto vivente si producono una serie di eventi dinamici e complessi nella loro reciproca combinazione, ma suddivisibili cronologicamente in due momenti:
a) perdita di sostanza con liquidi extracellulari, e, qualora siano discontinuate le pareti vasali, di sangue;
b) comparsa dell'infiammazione ed attivazione del meccanismo di riparazione, mediato dai linfociti e attuato dal tessuto ematico mediante la formazione del reticolo di fibrina finalizzato all’emostasi naturale per fronteggiare i fenomeni emorragici.
Riguardo al primo momento, mentre il riscontro di una perdita di sostanza costituisce un fenomeno collegato all’attrito che qualsiasi trauma sviluppa a carico delle cellule, e che pertanto può derivare anche da una azione lesiva portata a carico di un tessuto non più vivente, la fuoriuscita di sangue dal letto vascolare è invece da ritenersi sicuramente un fenomeno vitale, in quanto sostenuto dall’attività della pompa cardiaca; solo in alcuni rari casi può esservi un gemizio in assenza di pressione nei vasi, come si osserva talora nelle lesioni occorse in limine vitae o ai primissimi stadi del periodo post mortem. Ciò vale soprattutto per i vasi di piccolo calibro, dove a parità di pressione è minore la portata, per cui all’arresto del lavoro cardiaco segue immediatamente un blocco del flusso degli eritrociti nel lume dei capillari arteriosi, dove rimangono anche quando le pareti di questi ultimi vengano eventualmente discontinuate dall’azione traumatica applicata nel periodo postmortale.
Mentre sulle varie fasi dell'infiammazione si tornerà dettagliatamente in seguito, qui si richiama l'attenzione sull'attivazione linfocitaria, caratteristica del secondo momento: essa si presenta come un quadro di diapedesi attraverso le giunzioni delle cellule parietali dei vasi; i linfociti escono da questi per diffondersi nel tessuto circostante la lesione, con azione e scopo di difesa contro agenti patogeni.
Infine, segue il fenomeno della polimerizzazione della protrombina in trombina che media la trasformazione del fibrinogeno in fibrina: questa presenta una struttura come a maglie, ben diversa da quella del connettivo reticolare che avvolge qualsiasi tipo di cellula nei tessuti, ed ha la funzione di bloccare gli eritrociti e quindi il fenomeno emorragico. Tale emostasi avviene anche per attivazione del contatto fra eritrociti e piastrine che, in presenza di fibrina, esita nella formazione di un corpo resistente, il coagulo, in grado di bloccare efficacemente il flusso ematico.
Pertanto, ai fini della diagnosi differenziale fra lesione inferta su un tessuto vivente o non vivente, è essenziale valutare la presenza e la densità degli elementi figurati sopra ricordati, soprattutto nelle aree interessate dall’esplicarsi della forza lesiva, macroscopicamente individuate sia al momento dell’ispezione cadaverica che della sezione anatomica.
In tal senso, l’osservazione macroscopica è affiancata da quella microscopica, più adeguata nel documentare gli aspetti figurativi e capace di dotarsi di specifiche reazioni colorative allo scopo di aumentare la precisione di indagine.
Tuttavia occorre sempre tenere presente che tali indagini non sono esenti da errori, in quanto le reazioni istochimiche possono risentire di particolari condizioni chimico fisiche del tessuto (fissazione, aspetti degenerativi, ecc.), tali da indurre false positività o negatività; inoltre, nonostante le varie tecniche sperimentate e proposte, differenziare le lesioni prodotte in intra vitam, in limine vitae e in post mortem, non sempre è agevole quando i tempi intercorsi tra le lesioni stesse sono estremamente ristretti.

[… continua …]

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