domenica 11 novembre 2007

Cronologia delle lesioni - terza e ultima parte

LA CRONOLOGIA DELLE LESIONI TRAUMATICHE - terza ed ultima parte -

a cura del dott. Giovanni Sicuranza, medico legale

1. Riassunto.
2. Premessa.
3. Differenziazione tra lesioni vitali e post-mortali.
3.1. Le dimensioni del problema.
3.2. Uno sguardo al passato; la “reazione vitale sistemica”.
3.3. Il metodo istologico.
3.4. I metodi istochimico ed immunoistochimico. Cenni.
3.5. Il metodo biochimico. Cenni.
4. La microscopia elettronica a scansione.
4.1. Elementi fondamentali di microscopia elettronica a scansione.
4.2. La microscopia elettronica a scansione ESEM.
4.3. La microscopia a scansione elettronica nella ricerca dei caratteri di vitalità delle lesioni.
5. Conclusioni.


[….]


3.3. I metodi istochimico ed immunoistochimico. Cenni.

L'esame istochimico è basato sulla dimostrazione di reazioni rese visibili con opportune applicazioni di test chimici sulle sezioni di tessuto da analizzare e sul presupposto che le modificazioni morfologiche sono precedute da fenomeni funzionali, per lo più correlati all'azione degli enzimi[1].
E' quindi intuitivo come l'attività enzimatica dei tessuti cutanei oggetto di lesività traumatica subisca alcune variazioni significative e dimostrabili molto più precocemente di quanto sarebbe possibile con l'analisi morfologica, ossia applicando il metodo enzimo-istochimico.
Per meglio comprendere l'importanza di questo metodo, si consideri che la propensione alla guarigione delle ferite è basata proprio sulle funzioni enzimatiche cellulari e tissutali, tanto da potersi sostenere che "non c'è vita senza enzimi"17.
La metodica, con variazioni dettate dall'esperienza e/o dal materiale disponibile, è di solito la seguente:
a) la zona lesa è tagliata, contestualmente al tessuto sano circostante, per circa 1.5 cm. per lato;
b) metà del tessuto viene fissata per una notte in formalina 10% a + 4° C per la dimostrazione delle attività esterasica e fosfatasica e per le alterazioni istologiche;
c) l'altra metà è immediatamente congelata con isopentano e ghiaccio secco ed utilizzata per evidenziare istochimicamente le adenosintrifosfatasi e le aminopeptidasi17;20.

Tale metodica si basa sull'osservazione di alcuni prodotti formatisi in seguito all'attività enzimatica su specifici substrati, prodotti che, una volta aggiunte determinate sostanze, formano depositi insolubili proprio là dove quest'ultima è presente; quando necessario, tali depositi possono essere resi visibili con l'uso di adeguate sostanze chimiche. In pratica, schematizzando, l'aumento dell'attività enzimatica è dimostrato da un'intensificazione del colore, mentre la riduzione dell'attività enzimatica è svelata da una diminuzione del colore.
In funzione all'attività enzimatica, dunque, la ferita vitale può essere suddivisa in due zone21;22:
a) una zona centrale, in corrispondenza dell'immediata vicinanza del bordo della ferita, superficiale, di 200-500µ di spessore, in cui si osserva una diminuzione dell'attività enzimatica, espressione di necrosi imminente; poiché nessuna simile diminuzione di attività enzimatica si osserva nelle ferite provocate dopo la morte, i fenomeni regressivi di tale zona possono essere definiti reazione vitale negativa20;
b) una zona periferica, circostante la precedente, dello spessore di 100-300µ, in cui l'attività enzimatica risulta aumentata, in relazione, tra l'altro, a meccanismi di adattamento difensivo delle cellule connettivali come risposta enzimatica al trauma. In analogia a quanto sopra esposto, tale aumento si può definire reazione vitale positiva, poiché nessun aumento simile è ravvisabile nelle lesioni dopo la morte20;22.

Quindi, l'evoluzione della reazione vitale positiva permette una ricostruzione soddisfacente della cronologia delle lesioni traumatiche provocate prima della morte, purché queste si verifichino almeno un'ora prima 17;18; inoltre, tale ricostruzione risulta in genere possibile anche a distanza di parecchi giorni dal decesso.

Si tenga tuttavia sempre a mente che quando si indaga su materiale biologico, umano nella fattispecie, la determinazione cronologica subisce eccezioni.
Come già accennato in precedenza riguardo alla guarigione delle ferite, alcuni fattori, quali la senilità avanzata, la cachessia, la coesistenza di traumatismi multipli e gravi, possono rallentare l'attività enzimatica10;18, mentre nessuna influenza avrebbero l'emorragia e le fratture craniche24; opinioni contrastanti si hanno sul ruolo della bassa temperatura ambientale circostante: infatti, secondo alcuni Autori18, questa rallenterebbe l'attività enzimatica, mentre secondo altri non avrebbe alcun ruolo di rilievo24.


I metodi dell'istochimica enzimatica rappresentano una valida guida nell'attribuzione cronologica approssimativa delle lesioni traumatiche, rivelando i cambiamenti vitali che si verificano sulle ferite cutanee inferte anche un'ora soltanto prima della morte e quindi restringendo il periodo di latenza dell'istologia "classica".
Tali metodi sono in continua evoluzione, attraverso lo studio e la sperimentazione dell'attività di ulteriori sostanze enzimatiche[2].
La metodica immunoistochimuca è utilizzata per ricercare sostanze specifiche nelle substrutture cellulari.
In genere si marca l'anticorpo ricercatore (il “segugio” che percorrerà il “sentiero” della ferita) con l'utilizzo di una sostanza opaca agli elettroni (come la ferritina, la diaminobenzidina, oppure lo iodio radioattivo), per visualizzare l'antigene specifico (la “preda” presente nelle ferita) dando luogo ad un complesso antigene-anticorpo; occorre tenere presente alcuni accorgimenti tecnici, che in parte, come la fissazione, sono generalmente validi anche per gli altri metodi; senza dilungarsi in particolari complessi, e che esulerebbero dallo scopo della trattazione, in modo molto succinto si ricorda che tali accorgimenti riguardano:
a) Fissazione: una fissazione con formalina tamponata al 10% per 24h, consente di ottenere risultati ottimali, a fronte di costi estremamente contenuti.
b) Sistemi di smascheramento antigenico: tipo e tempi di smascheramento condizionano in modo significativo il risultato finale.
c) Anticorpi primari: l’utilizzo di un anticorpo rispetto ad un altro può influenzare il risultato finale, infatti purezza e concentrazione del prodotto usato sono elementi di fondamentale importanza.
d) Sistemi di rilevazione: anche la scelta di questo tipo di sistema può influenzare notevolmente il risultato finale.
Poniamo ad esempio che l’antigene-preda da ricercare nella ferita sia il collagene, una proteina fibrosa che prende parte alla costituzione di pelle, tendini e ossa, ed è suddivisibile, a secondo della struttura, in diversi numeri romani.
Gli studi immunoistochimici concernenti il collagene di tipo IV, uniti a quelli del collagene di tipo VII, hanno permesso l’acquisizione di nuovi elementi utili alla datazione delle ferite; infatti, i frammenti della membrana basale sono individuabili a partire dal 4° giorno e sono costantemente osservabili tra il 13° e il 22° giorno circa, dopo il quale si osserva la completa restitutio ad integrum della membrana basale, che comunque si può già evidenziare a partire dall’8° giorno.


3.4. Il metodo biochimico.

I metodi istochimico ed immunoistochimico, pur raccorciando il periodo di latenza di attribuzione cronologica delle lesioni vitali, lascia aperto un interrogativo fondamentale: come scoprire e datare le ferite inferte da un'ora prima del decesso fino al limine vitae?
L'applicazione del metodo biochimico nella patologia forense ha contribuito a rispondere a tale domanda.
Infatti, poiché nelle prime fasi della risposta infiammatoria acuta compaiono l'istamina (sostanza presente in alcuni tessuti che provoca dilatazione dei capillari; in particolare, a livello microscopico, è contenuta nei granulociti basofili e nelle mastcellule) e la serotonina (sostanza presente nelle piastrine, anch’essa in grado di provocare dilatazione dei vasi), ne consegue che la ricerca di queste due amine vasoattive, la cui presenza rappresenta dunque segno certo di vitalità, costituisce un metodo efficace per la diagnosi cronologica delle ferite traumatiche.
Prima Fazekas, nel 196527, poi Berg28, Raekallio e Makinen29, nel 1966, hanno descritto un aumento dell'istamina libera nei solchi degli impiccati, a differenza della sospensione di cadavere.
Nelle ferite avvenute precedentemente alla morte è stato osservato un incremento del contenuto di istamina libera del 50% rispetto al tessuto indenne circostante nei primi 20-30 minuti dopo che si è determinata la lesione. L'aumento della serotonina è più precoce, osservandosi già dopo i primi 10 minuti, con un secondo periodo che va dai 40 minuti alle 2 ore, e molto più sensibile, essendo pari al 100%. Alcuni Autori30 hanno descritto le variazioni delle due amine nelle ferite inferte nell’ultima ora prima della morte, così schematizzabili:
a) 0-5 minuti: lieve aumento o decremento dell’istamina ed aumento della serotonina;
b) 5-15 minuti: aumento dell’istamina superiore all’aumento della serotonina;
c) 15-60 minuti: aumento della serotonina superiore all’aumento dell’istamina.

Sono utilizzati molti altri markers, in una ricerca in continua evoluzione, ma, per non appesantire il nostro argomento, ci fermiamo qui.

Ed entriamo in un mondo tridimensionale.


4. Il Microscopio Elettronico a Scansione (SEM)

4.1 Elementi fondamentali di microscopia elettronica a scansione.

Il microscopio elettronico a scansione è diventato un importantissimo strumento di indagine per la medicina legale e la ricerca in generale. Il S.E.M. è entrato nel mondo dell'indagine forense da un tempo che possiamo considerare relativamente breve, ma la enorme versatilità di questo sistema, peraltro universalmente riconosciuta, ha fatto si che questo strumento, soprattutto quando abbinato ad un sistema di microanalisi chimica elementare, assumesse immediatamente una posizione di rilievo e di crescente sviluppo.
I SEM godono di considerevoli vantaggi rispetto agli altri microscopi in molte importanti misure di prestazioni. Le più importanti sono:
a) la risoluzione;
b) la profondità di campo;
c) particolari di diversa altezza sulla superficie del campione rimangono a fuoco;
d) la microanalisi (capacità di analizzare la composizione del campione);
e) l'osservazione non distruttiva (i campioni possono essere recuperati con modesti artefatti di fissazione e metallizzazione)49.
Tutti i SEM consistono in una colonna elettronica che crea un fascio di elettroni, in una camera dove il fascio di elettroni incontra il campione, in sensori che scansionano una varietà di segnali che risultano dall’interazione fascio-campione, in un sistema di visualizzazione che costruisce un'immagine del segnale.
Un emettitore di elettroni alla sommità della colonna genera il fascio di elettroni. Al suo interno un campo elettrostatico dirige gli elettroni emessi da una regione molto piccola (filamento) sulla superficie di un elettrodo attraverso un piccolo punto chiamato crossover. Quindi l'emettitore accelera gli elettroni della colonna verso il campione con energie che variano tipicamente da poche centinaia a decine di migliaia di elettronvolt.
Ci sono molti tipi di emettitori: tungsteno, La B6 (lanthanum hexaboride) e emissione di campo. Nonostante i diversi tipi di materiali impiegabili per la costruzione degli elettrodi l'obiettivo è generare un fascio diretto di elettroni che sia stabile, con una corrente sufficiente e con il più piccolo diametro possibile.
Gli elettroni emergono dall’emettitore come un fascio divergente, mentre una serie di lenti magnetiche e di aperture nella colonna riconverge e focalizza il fascio.
Gli elettroni secondari emessi dal campione sono raccolti per scansione dell'intera superficie, in modo da poter ricostruire l'intera superficie di emissione50.
4.2. La microscopia elettronica a scansione ESEM

Il SEM iniziò ad apparire commercialmente nella metà degli anni '60. Per il fatto che dava vantaggi rispetto agli altri microscopi, divenne velocemente uno strumento indispensabile in un ampia gamma di applicazioni scientifiche. Sebbene l'industria del SEM perfezionasse la tecnologia con continui miglioramenti di prestazioni e praticità, lo strumento rimase fondamentalmente invariato per circa venti anni. In questo periodo le limitazioni principali, nella tecnica generale di analitica e di immagine, furono le restrizioni che si imposero sui campioni, richiedendosi un ambiente a vuoto "spinto"; il campione doveva quindi essere pulito, asciutto e condurre elettricamente. L’enorme quantità di tecniche sviluppate per la preparazione dei campioni per il SEM è un riconoscimento alla bravura e alla tenacia dei microscopisti nonostante la limitazione del vuoto "spinto".
Verso la metà degli anni '80 si sviluppò l’ESEM, o SEM ad ambiente variabile per la sua principale e vantaggiosa caratteristica di permettere al microscopista di variare l’ambiente del campione nella pressione, nella temperatura e nella composizione dei gas51.

4.3. La microscopia a scansione elettronica nella ricerca dei caratteri di vitalità delle lesioni.

I settori di impiego della microscopia elettronica sono molteplici; infatti questo tipo di tecnologia può trovare applicazione in quasi tutti i campi delle investigazioni scientifiche, nella balistica, nella chimica, nella biologia, persino nella grafica.
Si può quindi considerare questo strumento come di supporto per quasi tutti i settori delle scienze forensi; in particolare le aree di applicazione possono essere così suddivise:
1) patologia e traumatologia medico legale;
2) balistica;
3) identificazione personale;
4) sopralluogo;
5) tossicologia ed ematologia forensi.
Nuove frontiere vengono allargate nello studio della diagnosi differenziale fra lesione inferta su un tessuto vivente o non vivente L'osservazione microscopica, nel documentare gli aspetti figurativi di una reazione vitale, si serve di reazioni colorative per aumentare la precisione d'indagine; tali reazioni consistono ad esempio nell'amplificazione delle aree di fibrina rispetto al tessuto circostante e delle zone a più alto contenuto in ferro (elemento peculiare del pigmento emoglobinico), ma mal si adattano alla diagnosi di particolari condizioni fisico-chimiche del tessuto (fissazione, aspetti degenerativi). Al contrario la microscopia a scansione elettronica offre il vantaggio di acquisire dati importanti anche da tessuti in non perfette condizioni.
Tali possibilità permettono l'applicazione di questa indagine strumentale non solo alle lesioni da azione tagliente, ma anche ai traumatismi contusivi, alle ustioni ed alle elettrocuzioni (traumatismi da elettricità professionale e domestica).

Nello studio dei microtraumi l'impiego della microscopia a scansione elettronica e della microanalisi, in quanto indagine non distruttiva, permette di iniziare lo studio e l’osservazione di un reperto già nei primi stadi del processo identificativo senza escludere la possibilità di ulteriori indagini con metodiche diverse. La microscopia S.E.M. è importante come supporto alle fasi iniziali della ricerca identificativa e per la caratterizzazione dell’agente lesivo e delle sue modalità d’azione.
La possibilità poi di prelevare il segnale SEM in forma digitale continua permette di allestire nastri VHS anche a scopo didattico; in più, la documentazione può essere facilmente scritta in formato grafico per PC, con l'ulteriore vantaggio di poter eseguire anche a distanza di tempo elaborazioni elettroniche di immagine. L'analisi di immagine in fase differita può essere accompagnata anche da tecniche di digitalizzazione a falsi colori utili non solo sul piano dell'estetica della presentazione dell'immagine, ma anche per la possibilità di aumentare i contrasti e la significatività per l'occhio umano di particolari interessanti e non marginali.
Quanto alle possibilità offerte per l'azione penale è da affiancare al criterio di ripetibilità sopra accennato la possibilità di eseguire, sempre in forma ripetibile, analisi chimiche inorganiche della superficie del campione raccolto, tramite raccolta di elettroni secondari (backscatter) o di fluorescenza X (microanalisi): ciò è di evidente interesse soprattutto per l’indagine balistica ma anche per quella criminalistica.


5. Conclusioni.

Nella medicina legale è molto importante stabilire se una lesione traumatica sia intravitale, e in questo caso detrminarne l’età rispetto all’evento morte, o postmortale, in quanto tale problematica è carica di implicazioni rilevanti sia sul piano giuridico, sia su quello della ricerca.
Purtroppo l’esatta determinazione dell’età di una lesione rappresenta ancora un ipotetico desiderio, poiché, nonostante i metodi attualmente a disposizione e quelli in continua fase di sperimentazione, si può arrivare solo ad una stima approssimativa, tanto più imprecisa quanto più tempo è trascorso dall’epoca del ferimento.
In sintesi, le lesioni collocabili da quattro o più ore dalla morte possono essere riconosciute istologicamente, quelle datate più di un'ora prima dal decesso possono essere caratterizzate con l'istochimica e la immunoistochimica, mentre le ferite insorte entro un’ora dalla morte possono essere datate ricorrendo alla biochimica.
In teoria, comunque, tutti questi metodi, seguendo le varie fasi dell’infiammazione e della riparazione tissutale da diverse, ma integrabili “prospettive”, permettono di abbracciare completamente l’età della lesione, andando dal più ampio al più ristretto margine di tempo.
Tuttavia, nella pratica, solo l’esame istologico, con lo studio delle varie fasi dell'infiammazione nelle sue componenti cellulari, rimane assolutamente preferibile, rappresentando una procedura basilare in ogni caso di indagine peritale che miri a stabilire la cronologia di una lesione: richiede relativamente breve tempo per la preparazione e la visualizzazione del materiale e, aspetto di non secondaria importanza, non necessita di attrezzature di complessa esecuzione ed interpretazione, non sempre alla portata di chi non sia un tecnico specialista e comunque di chi non abbia una lunga ed acquisita esperienza settoriale.
Infatti, pur non sminuendo o negando la validità degli altri metodi, che peraltro non sempre hanno portato a risultati univoci, è tuttavia importante considerare l’aspetto pratico del problema: stabilire la cronologia delle lesioni traumatiche, nella routine dell’indagine forense, richiede metodi alla portata del professionista, validi, specifici, di non complessa e/o lunga esecuzione, di basso costo e standardizzabili[3].
Inoltre, perché un metodo di indagine sia trasferibile agli scopi pratici, tali problematiche riguardano anche la ricerca dei markers: dovranno certamente essere selezionati quelli con il più breve intervallo di latenza, ma anche con differenze quantitative e/o qualitative statisticamente significative tra intra vitam e post mortem, nonché con una buona e duratura stabilità post mortem.
Quindi si può affermare che il metodo istologico, con l'evidenziazione di markers delle varie fasi infiammatorie, sia non solo preferibile, ma anche indispensabile; ovviamente particolare attenzione andrà posta nel raccogliere campioni puri, non contaminati, che sovvertirebbero i risultati e la validità metodica; bisognerà inoltre premunirsi di avere sempre campioni di controllo, prelevandoli dalla cute indenne circostante, a causa di differenze anatomotopografiche e biologiche individuali.
Occorre altresì ricordare che le reazioni vitali possono essere falsate da artifizi di tecnica autoptica, ad esempio per contaminazione del tagliente, o istologica, oppure da fenomeni trasformativi (vedi la fase putrefattivi).
Bisognerà anche prestare particolare attenzione nel riconoscere quei singolari aspetti di reazioni solo apparentemente vitali causati da manovre rianimatorie.
Si consideri ad esempio come la ventilazione meccanica possa imitare una reazione vitale fondamentale, cioè la dilatazione alveolare conseguente all'inizio della respirazione, oltre a quadri di enfisema bolloso o interstiziale58; oppure come il massaggio cardiaco esterno (M.C.E.), quando si verificano fratture costali, possa dar luogo ad embolie adipose postmortali, con infiltrazione di frustoli o di singoli elementi di midollo emopoietico nei focolai di fratture costali59, ciò può portare a dubbi o errori istocronologici, a causa della ricca presenza di elementi nucleati nel sangue midollare, che può simulare una reattività tissutale per notevole presenza di leucociti ed istiociti. In genere, il M.C.E. può dare luogo a bizzarrie microemboliche, come nei casi di embolizzazione retrograda di frustoli di midollo osseo nelle vene cardiache58.
E' dunque chiaro come il perito debba sempre tenere conto delle manovre rianimatore, conoscendone la tecnica, al fine di potere distinguere le reazioni da queste provocate da quelle vitali.
Altro aspetto da considerare sempre accuratamente è la dinamica lesiva, che, soprattutto quando causata da gravi traumatismi, può manifestare aspetti di pseudovitalità; si pensi ad esempio al caso di un motociclista investito e sormontato da un autoarticolato, con fratture cranio-facciali e toraciche, e lacerazioni multiorganiche, compresa un'importante lacerazione encefalica associata alla lacerazione della dura madre (una delle membrane che proteggono l’encefalo), in cui l'esame istologico riveli la presenza di tessuto cerebrale in un vasellino proveniente dalla regione epatica, cioè da fegato!58. Oltre all'ipotesi di embolia tissutale cerebrale a carattere vitale, bisognerebbe pensare anche ad una contaminazione dovuta alla procidenza endotoracica dei visceri adominali, che in seguito alla violenta e forte pressione sono proiettati in alto, oppure ad un trasporto passivo, dal basso all’alto, lungo il sistema venoso.
Questa precisazione è necessaria al fine di evidenziare l'importanza di conoscere anche le possibili dinamiche delle alterazioni pseudovitali, alle quali va assegnato il loro significato particolare, differenziandole dalle reazioni vitali, per non incorrere in grossolani errori di cronologia dell’evento morte e di diagnosi di causa della morte.
Non meno importante è una tecnica di prelievo mirata e ben eseguita, così come particolare cura dovrà essere prestata nel trasporto e nella conservazione del materiale organico prelevato; in tale senso, le indicazioni pratiche sono descritte in modo dettagliato nei testi dedicati alle tecniche istologiche e all’istopatologia forense, ma è ovvio che soprattutto l’esperienza sul campo renderà il professionista in grado di eseguire esaustivamente il proprio lavoro.
Infine, affinché l’opera del perito sia completa, sarà indispensabile che il metodo istologico venga preceduto dall’attenta osservazione macroscopica delle lesioni ed integrato dal sopralluogo, meglio se immediato, nonché dall’acquisizione della documentazione, da un’accurata disamina degli atti, da eventuali interrogatori di testi e da approfondite ricerche bibliografiche che aiutino a comprendere le varie problematiche del caso di specie; anche la documentazione fotografica, possibilmente unita a tecniche di visualizzazione computerizzata, è da ritenersi necessaria.
Quando adeguatamente integrato dalle suddette procedure, il metodo istologico sarà sufficiente in molti casi a determinare la cronologia delle lesioni, preferibilmente adoperando più colorazioni in modo da avere un quadro più ampio e dettagliato delle varie tipologie cellulari presenti.
In atri casi, soprattutto nel sospetto di lesioni in limine vitae, in caso di più lesioni susseguitesi in un tempo molto ristretto, o per rispondere confacentemente a specifici quesiti giudiziari, tale metodo andrà completato da ulteriori metodiche di ricerca, come quella immunoistochimica o biochimica, o servendosi, quando possibile, delle alte potenzialità della microscopia a scansione elettronica.
A tale proposito, sarebbe auspicabile la creazione di Centri specializzati, validamente attrezzati (ad es. con apparecchiature ESEM) e in grado di coprire territorialmente le esigenze d’indagine e di ricerca.
In tali casi, che esulano generalmente dalla comune pratica medico-forense, sarà opportuno affidarsi all’aiuto di uno specialista in grado di allestire ed interpretare correttamente i vari markers adeguatamente selezionati.
Malgrado gli indubbi progressi sperimentali, come evidenziato anche dal presente lavoro, emerge ancora la necessità di perfezionare una serie di metodi in grado di individuare e gestire markers specifici, di breve latenza e stabili, al fine di individuare nel modo più preciso possibile le lesioni intra vitam, in limine vitae e post mortem.
Nel frattempo, è auspicabile che nella routine medico-legale l’indagine istologica integri in ogni caso l’osservazione macroscopica, sensibilizzando al contempo l’Autorità Giudiziaria sull’indubbia utilità di effettuare sempre tale metodica, da affiancare, in casi specifici e particolari, a metodi di indagine più precisi, ma necessariamente più complessi e costosi.
Differenziare cronologicamente le lesioni traumatiche rimane dunque una questione ancora aperta, che tuttavia, lungi da giustificare un atteggiamento rinunciatario, dovrà al contrario spingere l’attività medico-forense a farsi carico di una ricerca necessariamente impostata su scala interdisciplinare.

Giovanni Sicuranza, medico legale


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[1] Si tratta per l'appunto di proteine aventi la proprietà di catalizzare le reazioni biologiche.
[2] Per ulteriori dettagli relativi ai markers si veda il paragrafo 3.6.
[3] A tale proposito, si ricorda che standardizzazione significa garanzia di riproducibilità dei risultati, sia intralaboratorio che interlaboratorio: un dato risultato, cioè, deve essere sia ripetibile nel tempo all’interno del laboratorio, anche se eseguito da personale tecnico diverso, sia confrontabile con quello ottenuto in altri laboratori.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il semble que vous soyez un expert dans ce domaine, vos remarques sont tres interessantes, merci.

- Daniel