domenica 25 maggio 2008

attesa (respiri)

Sul baratro, l’uomo non respira. È un allenamento per prepararsi a morire.
Trattieni il respiro e chiudi gli occhi.
No
, pensa, lasciali aperti, gli occhi, e guarda, sei sulla Panoramica, c’è tutta la città, lì davanti, così piccola e distante, un plastico vulnerabile.
Uno sprazzo di vitalità che lo sorprende al punto di fargli abbassare le difese. Così l’aria sfonda le narici, mentre lui inarca la schiena sotto quel fresco precipitare verso i polmoni.
L’attimo dopo, mentre annaspa con il naso, lo sguardo torna al pulsare delle luci in fondo alla vallata.
Così vulnerabile, questa città. Ed è la tua assassina.
L’uomo vorrebbe sorridere, ora, ma le sue labbra da tempo ne ignorano i desideri e fino a oggi hanno avuto ragione.
Allora decide di infischiarsene di tutto e si accascia sul bordo del baratro, lungo la linea dell’alba.
Città canaglia, non sei riuscita a digerirmi e ora mi sputi.
Gli occhi cadono sul selciato al suo fianco, seguendo le dita che disegnano ellissi, appena accennate, leggere. Fragili.
- Ti aspettavi gratitudine? – ironizzano le labbra.
L’uomo inclina la testa di lato e rimane in silenzio, paziente, fino a quando il loro suono precipita sotto, tra i massi del dirupo, fino a quando non si spezza per sempre sui tetti della periferia, settecento metri più in basso.
Ma le labbra sono testarde.
- La città non apprezza la morte.
Questo è troppo!, sbotta la mente di lui, mentre le dita sollevano solidali sbuffi di selciato.
Un sorriso, decisamente fuori luogo.
Siete arroganti, siete…
- Maleducate? – provocano le labbra, rotolando macigni di sofferenza – Invece tu, no, vero? Ci hai sfruttato per i tuoi scopi, ci hai spinto verso la seduzione.
L’uomo decide di smettere ancora di respirare e di farla finita, ma quelle due smorfiose sono un impeto di parole.
- Ci hai spinto verso le labbra delle tue vittime. E per cosa? Per ingannarle. Un bacio, un sorriso. E poi le hai uccise, tutte.
Era solo amore, geme lui, solo amore. Dovevo essere l’ultimo per ognuna di loro. Io dovevo solo …

- Ucciderle.
Le mani di lui salgono alla bocca e stringono.
Basta!, urla.
Le dita artigliano le labbra, le schiacciano una contro l’altra.
Zitte!
E tirano, graffiano, affondano, fino a farle sanguinare.
Fino a ucciderle.
L’uomo ansima mentre si alza in piedi.
L’alba sta diluendo i suoi colori e tra poco la città sarà ancora un occhio vigile.
C’è troppa paura in giro, troppa gente interessata a lui.
È da un mese che non riesce a avvicinare un’altra donna, un’altra come quelle che ha amato. Per sempre.
La città è l’ultima donna, la più grande. E ingloba tutte le altre.
Gli occhi di lui diventano pesanti di lacrime.
La città lo tiene lontano. Negandogli l’amore.
L’attimo dopo l’uomo è un lungo tuffo nel vuoto.
Mentre precipita ha la mente sgombra, gli occhi chiusi, il respiro sospeso.
Solo le labbra, libere dalla presa, sorridono.


Giovanni Sicuranza

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