mercoledì 20 febbraio 2008

schematica precisazione sull'obiezione di coscienza (intorno alla legge che regolamenta aborto)

A proposito di quanto dichiarato in precedenza e su altri siti (vd. http://www.firmiamo.it/sign/list/liberadonna/order_by/activity#stats , sito che consiglio per altri e più importanti motivi), dove il mio pensiero non ha avuto modo di esprimersi completamente per mancanza spazio, rimando al forum (scrivo con nick "losaccio"):
http://www.poetika.it/topic.asp?id=2339

In particolare:

" ... E a rimetterci , nel frattempo, continuerebbero ad essere loro. Donne rifiutate negli ospedali, che supplicano il farmacista, che arrivano in consultorio all'ultimo, o quando è tardi, per abortire. Perchè la Sanità è seminata da una larga maggioranza di obiettori. Perchè al Pronto Soccorso ti attendono i ministri della sacralità della vita, pronti a ricordarti che stai commettendo un omicidio, che la vità, loro lo sanno, è inviolabile ed inizia fin dal concepimento. Le vedo nella mia professione, queste donne. E dico di più: la legge 194 è per questo motivo già violata. Mi oppongo all'obiezione di coscienza, perchè lede il bene primario del principio di autoderminazione e della libertà dell'uomo (inteso come specie), garantito dalla Costituzione in giù.
E, se proprio obiettori devono esserci, che siano almeno ben distribuiti nei turni tra chi pratica l'aborto legale, non schiacciante maggioranza ospedaliera.
Vergogna!
...
E preciso: il vergogna finale, che ribadisco, non è rivolto agli interventi di questo forum, nè agli obiettori in toto. Ma ad un certo modo, spiegato (spero), di rendere pratica l'obiezione di coscienza a danno della donna che vuole abortire ..."

Vedo come buon auspicio la decisione del Ministro Livia Turco: almeno un medico non obiettore nei Consultori.

Giovanni Sicuranza

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Se posso permettermi, la questione aborto (e condivido il sostanziale pensiero che un consultorio che non garantisca almeno un medico non obiettore non serve a un beneamato cavolo) è, nella sua dimensione *pubblica*, esclusivamente UNA QUESTIONE GIURIDICA, non morale, e che questo è l’unico dato di fatto dal quale partire se se ne vuole parlare seriamente e in modo costruttivo.

Il dialogo con interventi coinvolgenti il Dalai Lama e simili, come ho letto sul forum, mi pare attenga esclusivamente alla dimensione *privata* della questione, relativamente alla quale ognuno è libero di pensare ciò che la sua coscienza gli detta, ivi compreso il diritto a non aver voglia affatto di dialogarne, e la consapevolezza di questo dato di fatto, che mi pare solare nella sua evidenza, sarebbe bene restasse ben presente nelle menti delle persone.

Trasformare tutti i temi legislativi “sensibili” in temi morali sui quali discutere è un giochetto utilizzato da secoli dalla Chiesa, nel quale regolarmente la gente cade: fu così anche per il divorzio, o recentemente per l'ipotesi di una formula alternativa al matrimonio civile, che non discriminasse le coppie di fatto.
Ma per quel che credo di aver capito della giurisprudenza laica, dato che da secoli l’esclusiva giurisdizionale su certi temi da parte del diritto canonico è stata ridimensionata, il legislatore non si attiene a categorie morali, nel suo operare, bensì a quelle dell'utile, e sicuramente far uscire dall'illegalità l'aborto era la sua priorità e realizzava l'utile comune. Gli stessi risultati ottenuti negli anni (diminuzione fortissima delle interruzioni di gravidanza rispetto a quelle effettuate prima della entrata in vigore della 194) lo confermano e dovrebbero essere accolti con soddisfazione da tutti, antiabortisti compresi, se ciò che conta sono i risultati e non il predominio ideologico, come invece mi pare chiaramente avvenga.

Non credo infatti l’oggetto in discussione sia se l'aborto moralmente o umanamente sia una buona cosa: non credo in questo senso nessuno possa affermarlo, né che chi vi ricorre lo faccia allegramente e credo che non dimenticarselo sarebbe utile per non fare confusione.
Credo invece che a fronte di un numero impressionante di aborti clandestini “selvaggi” (si stimavano attorno almeno al milione e mezzo l'anno), cioè senza alcuna regolamentazione, oltre che senza nessuna garanzia per la salute della madre, e di fronte a chi da questo traeva illeciti guadagni, il legislatore abbia sentito l’esigenza di un intervento giuridico che arginasse e se possibile riducesse l’entità del fenomeno sociale, che eliminare certo non si poteva, neppure per legge, a meno di cadere nel ridicolo, oltre che nell’inutile.

Insomma, trovo talmente ovvio che il fine della legge non era sicuramente quello di esprimersi sulla bontà morale o meno dell’aborto - tant’è vero che, fra le altre cose, si stabilisce un termine massimo oltre il quale l’aborto non è più possibile, se non per singoli casi particolari, e che si prevede la possibilità, per il ginecologo, dell’obiezione di coscienza - da non capire perché ancora se ne parli in questi termini, e non piuttosto in quelli, ben più logici, di una valutazione sulla efficacia della legge o meno, relativamente agli scopi prefissati e conseguiti in questi anni di sua applicazione. Tanto più che la scelta di abortire è libera e privata (e presumo sempre dolorosa) e frutto di scelte personali, legate alle convinzioni religiose o etiche di ciascuno e non certo al codice penale.
Credo anche che sopprimere la 194, o restringerne l'applicazione, lungi dal risolvere il problema dell’aborto, lo nasconderebbe solo, come s’usa fare nelle case per bene con le cose scomode che si preferisce fingere di non vedere, riportandolo nell'illegalità, cosa che non capisco come potrebbe rendere felici né gli antiabortisti, né la Cei o chi per essa.
Oltre tutto, viste le pesanti ingerenze in materia da parte delle autorità ecclesiastiche, qualsiasi discussione mi pare partire dall’arrogante pregiudizio che gli italiani siano tutti cattolici osservanti, il che comporta pesanti ricadute anche su aspetti meno cruenti e problematici della legge, come l’accessibilità all'informazione e alla contraccezione in alternativa al correre ai ripari a danno avvenuto, aspetto della legge che credo abbia fortemente contribuito a ridurre il numero degli aborti.
Qui mi pare che la confusione fra morale sessuofobica cattolica e realtà sociale diventi particolarmente stridente, vista anche la placida indifferenza ecclesiastica riservata ad altri temi sociali altrettanto scottanti, ma meno pruriginosi, come dire. Posso infatti essere cittadina italiana E non credente e non avere problemi morali di alcun tipo relativamente alla procreazione responsabile o in genere a come scegliere di gestire la mia vita sessuale, senza per questo essere necessariamente “l'adolescente un po' zoccola” che ci viene contrabbandata come esempio tipo dell'utente del consultorio, quasi ...covo del demonio, ed essere anche stufa di apparire per forza cittadina di serie B, come mi pare accade sovente per i non cattolici che paiono portatori di meno diritti dei loro concittadini ortodossi, benché in Italia (non in Città del Vaticano) viga ancora il diritto alla libertà di culto.

homo interrogans ha detto...

Se non sei una giornalista e/o una scrittrice, temo che i (pochi) lettori attenti stiano perdendo qualcosa. Avrei altre riflessioni, a cominciare dall'ultima tua frase (credo che l'Italia, abbondante di teofurbi e teoconvenienti, sia un'emanazione dello Stato vaticanense, il più oscurantista, segreto e rigido Paese europeo).
Purtroppo in questi giorni ho poca voglia di ribadire concetti già espressi, per cui, al momento, ti rispondo con un generico, ma sentito, "concordo".
Nel forum segnalato ho deciso di non rispondere più proprio perchè mi cadevano le braccia a leggere le considerazioni dell'altro utente.